“Il sacrificio di Emanuele Petri è stato sicuramente la svolta e il momento determinate per la fine delle Br e, oltre a consentire la cattura di Nadia Desdemona Lioce (mentre Mario Galesi morì nel conflitto a fuoco, ndr), ha permesso di trovare gli elementi che hanno poi fatto identificare tutti gli altri e fatto sgominare le nuove Brigate rosse”: è quanto ha ricordato il capo della polizia, prefetto Lamberto Giannini, in occasione dell’ intitolazione della via prospiciente la questura di Perugia alla memoria di Petri, sovrintendente della polizia ferroviaria, Medaglia d’oro al Valore civile, ucciso il 2 marzo del 2003 durante un controllo a quelli che si rivelarono i capi dell’organizzazione eversiva. La cerimonia si è svolta alla presenza della vedova del poliziotto, Alma, che ha scoperto la targa con il nome del marito. Presenti anche la presidente della Regione Umbria Donatella Tesei, il questore di Perugia, Antonio Sbordone, il prefetto Armando Gradone, il procuratore generale Sergio Sottani e quello della Repubblica, Raffaele Cantone, e il sindaco, Andrea Romizi.
“Come donna e come moglie – ha detto Alma Petri – occasioni come oggi sono sempre un rinnovarsi di quel dolore e di quello che è successo perché, immancabilmente, tornano alla memoria quei giorni e quegli attimi. Ma come moglie di un poliziotto per il quale la divisa era tutto sono molto orgogliosa perché, a distanza di 18 anni, siamo ancora qui a ricordare Emanuele come poliziotto”. “Mi piace pensare che Emanuele è tornato a casa perché qui c’è la sua casa” ha concluso la vedova Petri facendo riferimento alla vicina questura.
A benedire la targa con il nome il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana, che ha ricordato il momento dei funerali. “Guardando tutta quella folla che si moltiplicava lungo la strada – ha detto – mi resi veramente conto che coloro che volevano continuare a portare avanti la logica della lotta armata e della distruzione, erano definitivamente finiti e si erano auto condannati”. (ANSA).
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