Nel 2018, all’interno del cantiere ex teatro Cressoni, nel centro di Como, un operaio ha rinvenuto nel terreno un manufatto in pietra contenente centinaia di monete d’oro romane, databili al IV-V secolo e forse appartenute a una cassa pubblica, perché accompagnate da un lingotto d’oro e per la particolare sistemazione. Il sensazionale ritrovamento ha originato un contenzioso tra l’impresa costruttrice e l’Amministrazione pubblica (Ministero e Soprintendenza Archeologia), definito dal Consiglio di Stato che ha riconosciuto ai proprietari dell’area il 50% del valore del patrimonio archeologico, stimabile tra i 4 e gli 11 milioni di euro e suscettibile d’incremento alla luce di una perizia di parte.
Il ritrovamento di beni archeologici è regolato dall’art. 92 (Premio per i ritrovamenti) del Testo Unico, che riconosce, in generale, “un premio non superiore al quarto del valore delle cose ritrovate” al proprietario dell’immobile e anche allo scopritore che abbia “ottemperato gli obblighi previsti dall’articolo 90”, vale a dire dandone avviso al Sindaco, alla Soprintendenza o all’Autorità di Pubblica Sicurezza, nel caso di rinvenimento fortuito.
L’opera del Tenente colonnello Silvio Mele, “La protezione del patrimonio culturale dalle aggressioni criminali“, delinea la normativa di settore aggiornata e si sofferma sul regime di “inalienabilità assoluta” del demanio culturale, dando spazio alle forme di tutela dei collezionisti e degli appassionati nonché agli adempimenti spettanti a venditori di beni usati, preziosi o di oggetti d’arte che intendano operare in piena legalità.
“La protezione del patrimonio culturale dalle aggressioni criminali” di Silvio Mele